Ugo Cordasco

In testata

Opera ventaglio di Rosanna Iossa

Ugo Cordasco

Rosanna Iossa
nasce il 19 agosto 1960 a Pomigliano d’Arco. Si forma al Liceo Artisti e all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Le sue prime esposizioni dal 1977 al 1985, dove partecipa a numerose rassegne d’arte. Nel 1999 è presente alla mostra “Il sogno impossibile – oggetti e forme del desiderio” e nel 2001 a “segni allo specchio” a cura di G.Pedicini. Con la Proloco di Pomigliano d’Arco avvia una fitta collaborazione per le arti visive, organizza la mostra “l’esperienza” 1991; la mostra “civita” 1993, nel 1995 organizza l’evento “zigzag” in collaborazione con la 4°cattedra dell’Accademia di Belle Arti di Napoli del Prof. Sgambati e con la partecipazione della Facoltà Universitaria “La Sapienza” (sezione sperimentale di Architettura) e della Comunità “Il Pioppo”.

 

EXHIBITION

17 dicembre 2022

Rosanna Iossa

NIMBUS

alfabeti della memoria 

a cura di Michelangelo Giovinale Margherita Romano 

luogo: Spazio Vitale – arte contemporanea  –  Aversa / Italy

LA MOSTRA

Si inaugura sabato 17 dicembre 2022 -ore 19:00- la mostra personale dell’artista 𝗥𝗼𝘀𝗮𝗻𝗻𝗮 𝗜𝗼𝘀𝘀𝗮. MIMBUS – alfabeti della memoria e ne cura l’ampia scrittura espositiva 𝗠𝗶𝗰𝗵𝗲𝗹𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼 𝗚𝗶𝗼𝘃𝗶𝗻𝗮𝗹𝗲, storico e critico d’arte e Margherita Romano scrittrice. Un lungo lavoro che vede l’artista impegnata a scrutare il cielo, cosa si muove sulle nostre teste, ogni giorno. Una ricerca che volge lo sguardo ai fenomeni della natura, che osserva, indaga, scruta, come un Ovidio moderno, le imprevedibili e innumerevoli metamorfosi del cielo”. Ne più ne meno di altre scienze questo incedere di Iossa verso il cielo esalta la meraviglia del creato. A completare la mostra una cartella serigrafia dell’artista, edita dalla Fondazione Pietro Lista, realizzata da Dopolavoro s.r.l. con testo poetico di Mimmo Grasso e un estratto critico di Michelangelo Giovinale.

EXHIBITION

17 dicembre 2022

 
Rosanna Iossa

NIMBUS

alfabeti della memoria 

a cura di 

Michelangelo Giovinale  Margherita Romano 

luogo: Galleria Spazio Vitale 

Aversa / Italy

 

LA MOSTRA

Si inaugura sabato 17 dicembre 2022 -ore 19:00- la mostra personale dell’artista 𝗥𝗼𝘀𝗮𝗻𝗻𝗮 𝗜𝗼𝘀𝘀𝗮. MIMBUS – alfabeti della memoria e ne cura l’ampia scrittura espositiva 𝗠𝗶𝗰𝗵𝗲𝗹𝗮𝗻𝗴𝗲𝗹𝗼 𝗚𝗶𝗼𝘃𝗶𝗻𝗮𝗹𝗲, storico e critico d’arte e Margherita Romano scrittrice. Un lungo lavoro che vede l’artista impegnata a scrutare il cielo, cosa si muove sulle nostre teste, ogni giorno. Una ricerca che volge lo sguardo ai fenomeni della natura, che osserva, indaga, scruta, come un Ovidio moderno, le imprevedibili e innumerevoli metamorfosi del cielo”. Ne più ne meno di altre scienze questo incedere di Iossa verso il cielo esalta la meraviglia del creato. A completare la mostra una cartella serigrafia dell’artista, edita dalla Fondazione Pietro Lista, realizzata da Dopolavoro s.r.l. con testo poetico di Mimmo Grasso e un estratto critico di Michelangelo Giovinale.

 
Ugo Cordasco

Rosanna Iossa
nasce il 19 agosto 1960 a Pomigliano d’Arco. Si forma al Liceo Artisti e all’Accademia di Belle Arti di Napoli.
Le sue prime esposizioni dal 1977 al 1985, dove partecipa a numerose rassegne d’arte. Nel 1999 è presente alla mostra “Il sogno impossibile – oggetti e forme del desiderio” e nel 2001 a “segni allo specchio” a cura di G.Pedicini. Con la Proloco di Pomigliano d’Arco avvia una fitta collaborazione per le arti visive, organizza la mostra “l’esperienza” 1991; la mostra “civita” 1993, nel 1995 organizza l’evento “zigzag” in collaborazione con la 4°cattedra dell’Accademia di Belle Arti di Napoli del Prof. Sgambati e con la partecipazione della Facoltà Universitaria “La Sapienza” (sezione sperimentale di Architettura) e della Comunità “Il Pioppo”.

Introduzione alla mostra

Sensazioni irripetibili. Lo sguardo sempre rivolto a virate improvvise, l’attimo prima si trasforma in un’avventura del dopo. Ora più forti ora più fievoli queste nuvole, accelerate o rallentate di Iossa, tessute e di carta, liberate dalla convenzione di spazio si adagiano ovunque, su quei materiali che l’artista indaga, che sono la misura della sua storia, ricordi che affiorano provenienti dalla profondità della sua memoria. 

Da un lato, nella ricerca di Iossa vi è tutto il sapore di un’arte antica. Un rituale lento, metodico, di osservazione arcaica del cielo. Raccolta di suggestioni ricorrenti che diventano scandaglio interiore e conoscenza di se. Tessuti, che per mano dell’artista si trasformano in gomitoli di nuvole, cucite come reliquie in un lento e lungo lavoro di assemblaggio, custodite dentro armature di rete di gallina, come a voler porre riparo al suo pensiero più intimo. 

Dall’altro, c’è il logos. Il suo è un pensiero unico, fra essere e tessere, che significa scegliere, raccontare, enumerare, parlare, pensare, e quindi, appunto, essere. Per l’artista il suo mantra quotidiano. Quelle nenie secolari di grovigli, dicerie, miti che reitera nella sua arte sapendole raccogliere fra le voci della sua terra con valenze antropologiche e sensi assai sottesi. 

Ciascuna di queste nuvole, che siano acquerelli su carta o tessuto, fazzoletti di stoffa, nuvole tirate giù a fil di prato, è una sua personale pagina di diario, intimo e privato come può essere un giardino. Rincorrere nuvole, si sa,  è un tempo tutt’altro che produttivo, lento, non più fisico e solo mentale. 

Eppure, il cielo è uno dei grandi territori dimenticati dall’uomo, pur avendolo lì, gratuito, fuori dalle finestre a portata di mano ogni giorno. 

Questa attitudine di Iossa che osserva, indaga, scruta, come un Ovidio dei tempi moderni, le innumerevoli metamorfosi del cielo, con lo sguardo rivolto ai fenomeni della natura, fa di questa ultima produzione la sua scienza. Ne più ne meno, alla pari di altre scienze che osservando il cielo, consentono di muovere la personalità umana verso orizzonti sempre più aperti.

Tratti immateriali non quantificabili, scanditi da una autentica fenomenologia dello sguardo che si attiva, in primis dentro di lei e in ciò che è esterno da lei. 

D’altronde, per vedere, lo sguardo presuppone che gli occhi si aprano, assaporando contorni, attraversando sfumature, diversità, rifuggendo da una visione indistinta, serrata e totalizzante tipica del nostro tempo.

Iossa costringe l’occhio dell’osservatore ad uno sguardo attento, dentro  lo spazio ristretto di un’asola cucita fra le quattro mura di stoffa che raccolgono un suo cielo rovesciato, con le nuvole radenti il pavimento. 

Non è un atto di voyeurismo, uno sguardo furtivo dal buco della serratura, piuttosto, cogliere la realtà in quella percezione delle “cose” che ha come unico obiettivo costringerci al recupero dell’essenza.

In questo approccio, le nuvole, nella loro unicità, che abitano ovunque l’immaginario dell’artista, si offrono come un campo fondamentale della relazione. Un “dispositivo paradossale” che lambisce, sfiora, nelle forme più svariate le cose più comuni. Perché questo accada, occorre, però, rimettere a fuoco un alfabeto esistenziale che ridia senso alla vita, ossia, tornare a riospitare i simboli, le immagini, i sogni, inclusi i dubbi, le contraddizioni, i dilemmi e i conflitti. Ripristinare, cioè, i codici di un linguaggio visivo che riconsegni senso al reale, al tangibile. 

Viviamo sotto cieli prossimi, indistinti e fatali. 

Nella poetica delle nuvole che Rosanna Iossa ricerca, per se prima, l’artista adotta una contromisura, un antidoto per sottrarsi progressivamente ad una visione totalizzante e indistinta dell’essere, con quei ritmi veloci e serrati del nostro vivere.

D’altronde, l’impatto con la luce di una nuvola ha sempre dell’imprevedibile: nel perimetro di quelle sagome indefinite che ne accolgono altre, innumerevoli e possibili. Le sue, sfiorano il nostro tempo, scuotono lo sguardo, si insinuano come interrogazioni sul futuro, in quel mistero insondabile dell’uomo scrutando il cielo per provare a decifrare il suo destino.  

Forse, varrebbe la pena, commisurare i nostri passi a tutto ciò che ci circonda, anche quando la testa è fra le nuvole, in quel paesaggio di tinte indefinite dell’apparire delle cose. 

Ben altre nuvole, di polvere e morte, hanno tinto i cieli del novecento. Venute su dai campi di sterminio o quelle più “barocche” di Hiroshima e Nagasaki. Ed ancora accade. Quando tutto si fa buoi e la memoria dell’uomo, irrimediabilmente oblia. Iossa lo sa.